Sembra impossibile eppure è successo; stiamo parlando della realizzazione del primo computer capace addirittura di elaborare i dati senza l’utilizzo di elettroni, ma ricorrendo all’impiego di acqua.
Si tratta di un’invenzione che potrebbe rivoluzionare non solo la vita dei più accaniti informatici, ma che condurrebbe il digital world ad una visibile riduzione del consumo di elettricità, cosa molto gradita dal nostro ambiente.
Come ben sappiamo, gli strumenti informatici e la importantissima H2O non sono mai stati migliori amici; tuttavia con il pc ad acqua potrebbero diventarlo e, nella spiegazione a seguire, vedremo come e perché.
È stato un gruppo di ricercatori americani a progettare tale sistema, laddove la presenza e/o l’assenza di acqua indicano rispettivamente gli “1” e gli “0” del codice binario di un pc tradizionale.
Questa macchina “umida” compie esattamente le stesse operazioni di un normale elaboratore anche se, almeno per ora, è molto più lenta.
Il processore liquido di Stanford[1] è costruito su uno speciale orologio appositamente realizzato per il computer ad acqua: in un pc l’orologio è una delle parti essenziali, in quanto è finalizzato al controllo della contemporaneità e della sequenzialità delle istruzioni che vengono progressivamente attuate.
I ricercatori, a tal proposito, hanno ideato un campo magnetico rotante e, successivamente, hanno costruito una piccola griglia di barre d’acciaio; su quest’ultima può correre l’acqua intrisa di nano particelle magnetiche precedentemente disciolte in essa.
Quando il campo magnetico viene attivato e inizia a ruotare, inverte ad ogni ciclo la polarizzazione delle barre. La posizione di partenza delle barre consente al flusso delle goccioline d’acqua di essere pilotato secondo uno schema ben preciso e prestabilito. Ed è proprio in questo schema che gli scienziati sono riusciti a codificare l’informazione.
Georgios Katsikis, primo firmatario dello studio, ha esclamato:
«è stato dimostrato di poter replicare tutti i cancelli logici utilizzati nell’elettronica semplicemente modificando l’orientamento delle barre sul processore».
La piattaforma liquida di Stanford è già incredibilmente ricca: può replicare qualunque circuito logico booleano (un modello matematico di calcolo fondamentale nella logica dei computer) usando goccioline di acqua magnetizzate.
I circuiti realizzati finora sulla base di tale metodologia sono già piuttosto piccoli: la dimensione è simile a quella di un francobollo e le gocce d’acqua che vi scorrono sopra hanno la grandezza delle bollicine dell’acqua frizzante. Lo scopo ultimo degli scienziati è quello di rimpicciolirli ulteriormente, così da poter compiere un maggior numero di operazioni nello stesso tempo.
Una prima applicazione di questa nuova macchina potrebbe essere lo studio delle interazioni chimiche tra le sostanze trasportate dalle gocce di liquido. DANIEL SCAVONGELLI 5a sez. “A”
Istituto Professionale Statale Artigianato e Industria
“G. Marconi” di Ortona
[1] Stanford è il nome dell’Università situata in California in cui un team di studiosi ha progettato il pc ad acqua. Essa è considerata l’incubatrice tecno-centrica della California. Raggruppate all’estremità meridionale della San Francisco Bay, le comunità note nel loro insieme con il nome di Silicon Valley incarnano l’anima e il corpo della tecnologia informatica, tra chip in silicone, computer design, app e Apple, smartphone e chi più ne ha più ne metta.
Commenti recenti